«Scrivere» dicevo ieri sera, davanti a un bicchiere di vino, per rispondere alla domanda di una lettrice, «nel mio caso è il risultato di tre forze o cause alle quali cerco di assegnare parti uguali di impegno. Eccole: il piacere di scrivere, il piacere di essere letti, il piacere di essere pubblicati. Prima devo divertirmi, pur nello sforzo compositivo, nella creazione di un testo, e il piacere, di tipo alchemico, nasce dalla reazione fra gli elementi dell’arte, come trama, stile, struttura, contesto, immagini, tipi umani. Ma il ‘mio piacere’ potrebbe essere (e forse lo è) del tutto interno, onanistico, per così dire. E allora, mentre scrivo, penso a chi leggerà, immagino persone vere, che conosco, che leggeranno, e piego la frase alla fluidità sintattica, alla fruibilità lessicale, all’accessibilità tematica».

«E l’impegno verso il piacere di essere pubblicati» mi ha chiesto lei.
«Quello, secondo me, viene da solo, perché è il risultato dei primi due. Almeno, la mia esperienza mi ha condotto a questa conclusione. Poi, chissà…»
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